WhatsApp sanzionata da Antitrust per 3 Milioni di euro: utenti indotti a condividere propri dati con Facebook

Uno dei due procedimenti aperti dall'AGCM nei confronti della società americana che gestisce WhatsApp ha accertato che gli utenti sono stati costretti ad accettare la condivisione dei propri dati personali con Facebook come parte dei nuovi termini contrattuali.

Scritto da

Simone Ziggiotto

il

Si torna a parlare di Whatsapp e privacy. Oltre all’antitrust europeo ad aver indagato sui comportamenti di Whatsapp-Facebook c’è stata alla fine dello scorso anno anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che aveva  avviato nel mese di ottobre 2016 due procedimenti istruttori nei confronti della società di messaggistica per presunte violazioni del Codice del Consumo, vale a dire la legge della Repubblica italiana, emanata con il decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, che contiene quelli che sono i diritti di noi consumatori. Nella riunione dell’11 maggio, l’Agcm ha chiuso queste due istruttorie.

Il primo procedimento aperto dall’AGCM nei confronti della società che gestisce la piu’ popolare applicazione di messaggistica istantanea è servito per accertare se la società americana ha di fatto costretto gli utenti di WhatsApp Messenger ad accettare integralmente i nuovi Termini contrattuali, in particolare la condivisione dei propri dati personali con Facebook.

Secondo l’AGCM, WhatsApp Inc. ha fatto credere ai propri utenti, mostrando un messaggio visibile all’apertura dell’applicazione che, in caso di non accettazione dei nuovi termini, non avrebbero potuto piu’ utilizzare l’applicazione. La società avrebbe mostrato quindi un messaggio che in qualche modo potrebbe aver condizionato la scelta dell’utente di accettare o meno la condivisione delle sue informazioni con Facebook, pur di continuare a poter usare il servizio. Una quasi forzatura avvalorata dal fatto che la spunta relativa all’opzione “Facebook” era preselezionata in una schermata di secondo livello alla quale l’utente doveva accedeva dal messaggio principale per vedere.

A conclusione del primo procedimento, l’Autorità ha accertato che la società ha, di fatto, indotto gli utenti di WhatsApp Messenger ad accettare integralmente i nuovi Termini di Utilizzo, in particolare la condivisione dei propri dati con Facebook, facendo loro credere che sarebbe stato, altrimenti, impossibile proseguire nell’uso dell’applicazione. Coloro che erano già utenti alla data della modifica dei Termini (25 agosto 2016) avevano, invece, la possibilità di accettarne “parzialmente” i contenuti, potendo decidere di non fornire l’assenso a condividere le informazioni del proprio account WhatsApp con Facebook e continuare, comunque, a utilizzare l’app.

La condotta in esame è stata attuata attraverso una procedura in-app di accettazione dei nuovi Termini caratterizzata dall’informazione sulla necessità di tale accettazione, entro 30 giorni, a pena di dover interrompere la fruizione del servizio; l’inadeguata evidenziazione della possibilità di poter negare il consenso alla condivisione dei dati con Facebook, la pre-selezione dell’opzione (opt-in) e la difficoltà, infine, di poter esercitare concretamente tale opzione una volta accettati integralmente i termini.

L’Agcm ha stabilito per WhatsApp, per le motivazioni di cui sopra, una sanzione di 3 milioni di euro.

Il secondo procedimento istruttorio aperto dall’AGCM nei confronti di WhatsApp Inc. mira ad accertare la vessatorietà d alcune clausole inserite nei “Termini di utilizzo” di WhatsApp Messenger riguardanti, in particolare, la possibilità di fare modifiche unilaterali del contratto da parte della società, il diritto di recesso stabilito solo dal Professionista, le esclusioni e le limitazioni di responsabilità a suo favore, le interruzioni del servizio senza giusta causa, la scelta del Foro competente sulle controversie che, ad oggi, è stabilito esclusivamente presso Tribunali americani. Nei contratti conclusi tra un consumatore ed un professionista si considerano vessatorie quelle clausole che, anche se in buona fede, determinano a carico del consumatore un importante squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.  Di accertare la vessatorietà delle clausole spetta al giudice che ne deve valutare ed interpretare la concreta applicazione.

Alla chiusura del secondo procedimento istruttorio, l’Agcm ha concluso con l’accertamento della vessatorietà delle disposizioni che prevedono: esclusioni e limitazioni di responsabilità in capo a WhatsApp molto ampie e assolutamente generiche, inclusa quella che discende dal proprio inadempimento; la possibilità di interruzioni del servizio decise unilateralmente da WhatsApp senza motivo e senza preavviso; il diritto generico esercitabile da WhatsApp di risolvere il contratto/recedere in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo e non consentire più all’utente l’accesso/utilizzo dei servizi, senza prevedere un analogo diritto per il consumatore; il diritto generico esercitabile da WhatsApp di introdurre modifiche, anche economiche, dei Termini di Utilizzo senza che nel contratto vengano preventivamente indicate le motivazioni sulla base delle quali la società si vincola ad apportare le modifiche e senza neppure prevedere modalità per informarne in maniera adeguata l’utilizzatore, unitamente alla previsione del meccanismo di “silenzio assenso” che fa discendere l’accettazione dei nuovi Termini anche solo dalla mera inerzia inconsapevole dell’utente; quale legge applicabile al contratto e alle controversie quella dello Stato della California e quali unici fori competenti per la risoluzione delle controversie il Tribunale Federale degli Stati Uniti della California settentrionale o il Tribunale dello Stato della California; un generico diritto esercitabile da WhatsApp di recedere dagli “ordini” e di non fornire rimborsi per i servizi offerti, senza precisare in modo chiaro il contesto in cui tali operazioni si esplicherebbero; la generale prevalenza del contratto scritto in lingua inglese, in caso di conflitto con la versione tradotta in lingua italiana (accettata dall’utente), senza prevedere la prevalenza dell’interpretazione più favorevole al consumatore, a prescindere dalla lingua in cui la clausola è redatta.

WhatsApp, come non condividere i dati con Facebook

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Cosa succedera’ adesso? Era stato detto che, nel caso di accertamento degli illeciti presunti dall’Antitrust, il Codacons – che coordina le associazioni per la dei diritti degli utenti e dei consumatori – avrebbe avviato una class action contro WhatsApp Inc. con l’obiettivo di far ottenere agli utenti italiani il risarcimento per aver leso i loro diritti in quanto consumatori. 

“Se l’Autorità accerterà la violazione delle normative vigenti in fatto di gestione dei dati personali e la vessatorietà di alcune clausole inserite nei ‘Termini di utilizzo’ di WhatsApp Messenger, sarebbe evidente la lesione dei diritti dei consumatori che utilizzano il servizio" aveva commentato il presidente del Codacons Carlo Rienzi lo scorso ottobre, secondo il quale si sarebbe potuta aprire la strada ad una possibile class acton del Codacons, volta a far ottenere agli utenti che hanno installato WhatsApp il risarcimento del danno subito, "nelle opportune sedi legali”.

Ora attendiamo quindi di sapere se questa class action verrà aperta.

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