Facebook multata per aver ingannato la UE acquistando WhatsApp, deve pagare 110 milioni di euro

La Commissione europea ha inflitto una multa a Facebook per 110 milioni di euro per aver fornito informazioni errate o fuorvianti durante l'inchiesta della Commissione aperta nel 2014 circa l'acquisizione di WhatsApp da parte di Facebook.

Scritto da

Simone Ziggiotto

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Dopo mesi di indagini, la Commissione Europea ha concluso che Facebook ha ingannato i funzionari UE sulla sua capacità di utilizzare i dati degi utenti in seguito l’acquisizione di WhatsApp nel 2014. Di conseguenza, al social network è stata inflitta una multa del valore di 110 milioni di euro. Facebook diventa cosi’ la prima società penalizzata in base alla legge Merger Regulation della Commissione UE che è stata introdotta nel 2004.

La Merger Regulation è la legge sulle fusioni di aziende stabilita dall’Unione Europea che regola come le imprese possono unirsi le une alle altre e sotto quali condizioni. Fa parte del diritto che regola la libera concorrenza ed è pensata per garantire che le imprese, in seguito ad una acquisizione, non acquisiscano un alto livello di potere sul mercato libero in modo da nuocere agli interessi dei consumatori, dell’economia e della società nel suo complesso. Il Merger Regulation impone alle società coinvolte in una inchiesta di fornire informazioni corrette che non siano ingannevoli, poiché è essenziale che la Commissione riveda le fusioni e le acquisizioni "in modo tempestivo ed efficace". Tale obbligo si applica indipendentemente dal fatto che le informazioni abbiano un impatto sul risultato finale della valutazione della fusione.

Quando Facebook ha informato la Commissione UE dell’acquisizione di WhatsApp nel 2014, ha comunicato che non avrebbe potuto stabilire una corrispondenza automatica affidabile tra gli account degli utenti di Facebook e i profili degli utenti di WhatsApp. Facebook ha dichiarato questo sia in forma di notifica che in una risposta ad una richiesta di informazioni della Commissione. La fusione, dopo altri controlli (leggi sotto) ha quindi avuto il via libera dalla Commissione. I riflettori sulle intenzioni di Facebook su cosa fare con i dati degli utenti di Whatsapp si sono accesi dopo che nell’agosto del 2016, quasi due anni dopo la fusione delle società costata 19 miliardi di dollari, Facebook ha annunciato un aggiornamento dei suoi termini di servizio e della politica sulla privacy in cui ha aggiunto la possibilità di collegare i numeri di telefono degli utenti di WhatsApp al loro profilo di Facebook.

In un post sul suo blog, Whatsapp ha cercato di rassicurare gli utenti spiegando che "Anche se ci coordineremo maggiormente con Facebook nei mesi a venire, i messaggi crittografati rimarranno privati e nessun altro potrà leggerli. Né WhatsApp, né Facebook, né nessun altro. Non invieremo né condivideremo il tuo numero di WhatsApp con altri, incluso su Facebook, e continueremo a non vendere, condividere, o dare il tuo numero di telefono agli inserzionisti.". Facebook ha motivato la modifica spiegando che "attraverso un maggiore coordinamento con Facebook, saremo in grado di fare cose come monitorare i parametri di base su ogni quanto le persone utilizzano i nostri servizi e combattere meglio lo spam su WhatsApp" mentre il collegamento del numero di telefono con i sistemi di Facebook sarebbe servito al social network per offrire agli utenti "migliori suggerimenti di amici e mostrarti inserzioni più pertinenti se disponi di un account Facebook".

Tre mesi dopo l’introduzione di questa modifica, la Commissione UE ha deciso di intervenire non vedendo di buon occhio per ‘il libero mercato’ la possibilità del principale social network del mondo di combinare i dati della piattaforma piu’ usata al mondo per restare in contatto tra persone: i dati combinati dal social network e da Whatsapp avrebbero posto nelle mani di Facebook (intesa come società) un potere enorme sul mercato.

Il 20 dicembre 2016, la Commissione ha inviato una comunicazione ‘Statement of Objections’ a Facebook in cui ha descritto le sue preoccupazioni. La Commissione ha constatato che, contrariamente a quanto affermato da Facebook nel processo di revisione della fusione con WHatsapp del 2014, vi era la possibilità tecnica di automatizzare l’associazione dell’identità degli utenti di Facebook con quelli di WhatsApp già nel 2014 e che il personale di Facebook era a conoscenza di tale possibilità.

Pertanto, si puo’ dire che Facebook ha mentito in due occasioni: quando ha presentato la documentazione dopo aver chiesto alla Commissione UE e alle società concorrenti di indagare sull’accordo; e poi nella sua risposta allo Statement of Objections presentata dalla UE nel mese di dicembre.

"La decisione odierna trasmette un chiaro segnale alle aziende che devono rispettare tutti gli aspetti delle norme di fusione dell’UE, incluso l’obbligo di fornire informazioni corrette e impone un’ammenda proporzionata e dissuasiva a Facebook", ha dichiarato il commissario Margrethe Vestager, responsabile della politica sulla concorrenza. "La Commissione deve essere in grado di prendere decisioni sugli effetti delle fusioni sulla concorrenza, nella piena conoscenza di fatti accurati".

La Commissione ha ritenuto, inoltre, che i dipendenti di Facebook sono stati a conoscenza della possibilità di far corrispondere i dati degli utenti dei due servizi, e sapevano che la Commissione avrebbe criticato questo tipo di gestione dei dati in quanto violazione della legge Merger Regulation.

"La possibilità tecnica di combinare le identità degli utenti di Facebook e WhatsApp esisteva già nel 2014 e lo staff di Facebook era a conoscenza di una tale possibilità", afferma la Commissione. "Pertanto, la violazione di obblighi procedurali di Facebook era almeno negligente".

Secondo le norme dell’UE, la Commissione può imporre una multa fino all’1 per cento del fatturato aggregato della società da multare se essa fornisce "intenzionalmente o per negligenza informazioni sbagliate o fuorvianti". Tuttavia, è stato notato che Facebook ha ammesso la sua colpa e ha contribuito alle indagini senza ostacolarle, con l’azienda che ha anche interrotto la condivisione dei dati tra il social network e Whatsapp in tutta Europa a fine 2016.

Facebook ha risposto alla sentenza con la seguente dichiarazione: "Abbiamo agito in buona fede dalle nostre prime interazioni con la Commissione e abbiamo cercato di fornire informazioni accurate ogni volta. Gli errori che abbiamo fatto nei nostri documenti del 2014 non erano intenzionali e la Commissione ha confermato che non hanno avuto un impatto sul risultato della revisione delle fusioni. L’annuncio di oggi chiude questa questione".

La Commissione ha chiarito che la propria decisione del 18 maggio 2017 non ha alcun impatto sulla decisione presa nell’ottobre 2014 di autorizzare la fusione ai sensi del Merger Regulation dell’UE. Infatti, la decisione di autorizzazione è stata basata "su una serie di elementi che vanno oltre la corrispondenza automatizzata degli utenti" ha specificato la Commissione, secondo cui "le informazioni errate o fuorvianti fornite da Facebook non hanno avuto alcun impatto sul risultato della decisione della fusione".

Inoltre, la decisione della Commissione non è correlata alle attuali inchieste aperte da antitrust nazionali, come quella delle autorità francesi che hanno annunciato una decisione distinta sulle pratiche di gestione della privacy degli utenti di Facebook: la French Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés (CNIL) ha imposto una multa di 150.000 euro a Facebook per non dare agli utenti abbastanza controllo sui propri dati e raccogliere informazioni tramite partner senza un consenso preliminare.

Dal momento che Facebook ha contribuito alle indagini "in modo più che efficiente", la Commissione ha deciso di multare la società per 110 milioni di euro, una somma definita "proporzionata". 

FUSIONE TRA FACEBOOK E WHATSAPP: MOTIVI PER CUI LA COMMISSIONE HA AUTORIZZATO

La Commissione ha autorizzato la fusione tra Whatsapp e Facebook il 3 ottobre 2014 dopo aver valutato l’impatto sul mercato interno in relazione ai seguenti servizi:

I) Servizi di comunicazione per consumatori: la Commissione ha scoperto che Facebook Messenger e WhatsApp non erano concorrenti stretti e che i consumatori avrebbero continuato ad avere una vasta scelta di applicazioni alternative per la comunicazione dopo la fusione. Sebbene le applicazioni di comunicazione dei consumatori siano caratterizzate da effetti di rete, l’indagine ha dimostrato che in questo caso alcuni fattori hanno attenuato gli effetti di rete.

II) Servizi di social networking: la Commissione ha concluso che, non importa quali siano i limiti precisi del mercato per definire un servizio un social network e se WhatsApp puo’ essere considerato un social network, per cui le società sono concorrenti lontane.

(III) Pubblicità online: la Commissione ha concluso che, indipendentemente dal fatto che Facebook avrebbe introdotto la pubblicità su WhatsApp e/o avrebbe iniziato a raccogliere i dati utente di WhatsApp per fini pubblicitari, l’operazione non susciterebbe preoccupazioni in materia di concorrenza. Questo perché, oltre a Facebook, un certo numero di fornitori alternativi continuerebbero a offrire pubblicità mirata dopo la transazione, e una grande quantità di dati degli utenti di internet che sono preziosi per scopi pubblicitari non sono sotto il controllo esclusivo di Facebook e percio’ continuerebbero ad esistere.

In rispetto a tutti e tre i servizi sopra menzionati presi in esame, la Commissione ha effettuato la propria valutazione concorrenziale anche considerando uno scenario in cui fosse possibile la corrispondenza automatizzata degli utenti di Whatsapp e Facebook, concludendo che, anche in questo scenario, una mancanza di effetti anticoncorrenziali post-fusione.

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