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Apple, Sony e Samsung accusate di avere fornitori che sfruttano lavoro minorile

La batteria all’interno del vostro iPhone di Apple o del vostro smartphone Galaxy di Samsung o del vostro Xperia di Sony potrebbe essere prodotto con l’aiuto di bambini di meno di dieci anni. Questo è quanto denuncia un rapporto pubblicato da Amnesty International. Come segnalato da BBC News, che cita il rapporto di AI, il cobalto estratto nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) da parte dei bambini viene utilizzato nelle batterie prodotte per i giganti tecnologici come Apple, Samsung e Sony. L’UNICEF stima che 40.000 bambini lavorano nelle miniere che si trovano nella nella RDC.

Stando al rapporto di Amnesty, il cobalto estratto in alcune zone della Repubblica Democratica del Congo – dove il lavoro minorile è comune – viene lavorato dai minori e quindi acquistato dai produttori di componenti delle batterie in Cina e Corea del Sud, che a loro volta finiscono nel vendere le batterie pronte all’uso ai giganti tecnologici sopra citati.

Nel commentare il rapporto, Apple ha dichiarato alla BBC che "il lavoro minorile non è mai tollerato nella nostra supply chain e siamo orgogliosi di aver nell’industria nuove garanzie." La società dice che se trova uno dei suoi fornitori ricorrere al lavoro minorile costringe il fornitore a finanziare il viaggio del lavoratore minorenne per farlo tornare a casa, quindi chiede al fornitore una retribuzione per l’istruzione del lavoratore minorenne in una scuola da lui scelta o dalla sua famiglia, di continuare a pagargli lo stesso stipendio che il minorenne riceveva quando lavorava con la promessa al bambino di dargli un posto di lavoro quando avrà raggiunto l’età legale per lavorare.

Riguardo all’utilizzo del cobalto, Apple ha aggiunto: "Stiamo valutando decine di materiali diversi, tra cui il cobalto, al fine di individuare i rischi sul lavoro e ambientali, nonché le opportunità per Apple per realizzare un efficace e sostenibile cambiamento".

Anche Samsung ha commentato le accuse, spiegando in una nota che adotta una "politica di tolleranza zero" quando si tratta di lavoro minorile e che controlla di routine la sua catena di fornitura. "Se viene rilevata una violazione del lavoro minorile, i contratti con i fornitori che sfruttano il lavoro minorile vengono immediatamente terminati", ha detto Samsung in un comunicato.

Sony non è stata da meno, e ha rilasciato una dichiarazione in cui ha detto che sta lavorando con i fornitori per affrontare le questioni del rispetto dei diritti umani e del lavoro nei siti di produzione, così come nella fornitura di minerali e altre materie prime.

Amnesty International nel suo rapporto – scritto in collaborazione con la African Resources Watch (Afrewatch) – spiega di aver parlato con 87 attuali ed ex minatori che estraggono il cobalto. 17 di loro erano bambini, tra cui Paul di 14 anni, rimasto orfano, il quale ha detto di aver trascorso 24 ore per lavorare nei tunnel, arrivando al mattino sul posto di lavoro e lasciandolo la mattina del giorno successivo. "Ho dovuto andare giu’ nei tunnel … Mia madre adottiva voleva che io andassi a scuola, ma il mio padre adottivo era contro di lei, mi ha sfruttato facendomi lavorare in miniera."

Il 50% del cobalto mondiale viene estratto dalle miniere della Repubblica Democratica del Congo. I minatori che lavorano nella zona affrontano problemi di salute a lungo termine e il rischio di incidenti mortali è altissimo, secondo Amnesty, secondo cui almeno 80 minatori sono morti sotto terra nel sud della RDC tra settembre 2014 e dicembre 2015.

Il materiale è utilizzato nelle batterie agli ioni di litio che si trovano all’interno della maggior parte dei dispositivi mobili, tra cui smartphone e tablet.

L’UNICEF stima che ci sono circa 40.000 i bambini che lavorano nelle miniere di tutto il sud RDC.

Amnesty ha detto di aver contattato 16 multinazionali che sono state indicate come clienti dei produttori di batterie, di cui solo una ha ammesso il collegamento con la società che fa capo a consociate che sfruttano il lavoro minorile, mentre altre quattro erano in grado di affermare con certezza l’origine del cobalto che hanno usato; cinque hanno negato di utilizzare il minerale dalla società capo pur essendo citate come clienti nei documenti aziendali e altre due hanno detto che non hanno fonti di cobalto dalla RDC.

"E’ un grande paradosso dell’era digitale che alcune delle più ricche e innovative aziende del mondo sono in grado di commercializzare dispositivi incredibilmente sofisticati senza essere tenute a mostrare dove si approvvigionano di materie prime per i loro componenti", ha detto il direttore esecutivo della Afrewatch (Africa Risorse Watch) Emmanuel Umpula.

"Milioni di persone godono i benefici delle nuove tecnologie ma raramente chiedono come sono fatti. E’ ora che i grandi marchi abbiano una parte di responsabilità per l’estrazione delle materie prime che compongono i loro prodotti lucrativi… Aziende i cui profitti globali di 125 miliardi di dollari non possono credibilmente sostenere che non sono in grado di controllare da dove provengono le materie prime per le loro produzioni" ha dichiarato Mark Dummett, ricercatore di Amnesty International.

Difficile commentare una cosa del genere, ed è difficile credere, purtroppo, che Amnesty International non abbia ragione. Speriamo davvero che le aziende tecnologiche controllino meglio i fornitori, e che adottino misure per risolvere il problema (sarebbe ottimo cio’ che Apple dice di fare) invece che limitarsi a "terminare il contratto" come dice di fare Samsung. A voi ogni altro commento, che potete lasciare liberamente nel box qui sotto.

Simone Ziggiotto

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