Facebook, per un post scomodo licenziata alla Nestle Perugina

Essere licenziati per un commento postato su Facebook è possibile. E' accaduto a Perugia, presso lo stabilimento Perugina-Nestlè locale. Il coordinatore nazionale di Sinistra ecologia libertà, Nicola Fratoianni, sulla vicenda ha presentato una interrogazione parlamentare.

Scritto da

Simone Ziggiotto

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Essere licenziati per un commento postato su Facebook è possibile. E’ accaduto a Perugia, presso lo stabilimento Perugina-Nestlè locale, dove una lavoratrice si è vista notificare il suo licenziamento. Secondo quanto detto dal segretario generale della Fai-Cisl Umbria, Dario Bruschi, il post "era su un fatto accaduto in un’altra azienda, ma probabilmente una serie di circostanze ha portato a ritenere che facesse invece riferimento alla Perugina-Nestlé".

La donna in questione si chiama Marilena Petruccioli, ormai ex-dipendente alla Perugina dal 1996, e faceva parte della categoria protetta dei lavoratori per via del grave infortunio sul lavoro di cui fu vittima nel 1997. 

Cosa Marilena può aver mai scritto di così grave su Facebook al punto da essere licenziata? Il post, da quanto si apprende dai media italiani che citano una dichiarazione proprio della donna, riguardava "un’opinione generica senza alcun riferimento specifico a luoghi o persone coinvolte", dice Marilena, "eppure oggi mi ritrovo senza lavoro".

Il messaggio chiamato in causa risale allo scorso 30 ottobre e dice:

"Oggi mi è capitato di leggere un provvedimento disciplinare in cui il capo del personale di questa azienda, e badate bene non il proprietario il padrone, ha usato un termine a dir poco vergognoso "COLLARE" qualcuno dei suoi superiori dovrebbe fargli un ripassino dei principi che l azienda per la quale lavora sbandiera ovunque .Il collare lo indossano i cani non le persone e certi personaggi che ricoprono certi ruoli dovtebbero stare atteti ai termini che usano in certi atti ufficiali tanto più che sembrerebbe che sto personaggio occupi il parcheggio per invalidi quando si reca a rinforzare i muscoli peccato il cervello non ne trae beneficio — [faccina disgustata].".

Nel messaggio, la donna avrebbe fatto, secondo le sue parole, "un’osservazione sull’utilizzo, in provvedimenti disciplinari, del termine ‘collare’ per rivolgersi a una persona, che ritengo inappropriato perché si usa per i cani. Ma in qualità di sindacalista mi capita di essere interpellata su tante vicende, non necessariamente collegate all’azienda per cui lavoravo e a cui, infatti, non c’è alcun richiamo esplicito".

L’azienda avrebbe male interpretato il post, sentendosi forse chiamata in causa, ed ha quindi fatto recapitare una lettera di richiamo a Petruccioli, in cui "si faceva riferimento al messaggio che avevo lasciato su Facebook e dove mi venivano assegnati cinque giorni di tempo per rispondere", dice Marilena a lanazione.it.

Licenziamento quindi ‘per giusta causa‘ per la donna. Il coordinatore nazionale di Sinistra ecologia libertà, Nicola Fratoianni, sulla vicenda ha presentato una interrogazione parlamentare, spiegando a repubblica.it che "la giusta causa, secondo l’azienda, sarebbe un post su Facebook in cui la lavoratrice, senza nominare l’azienda, si è opposta al comportamento di un capo-reparto che avrebbe rimproverato un lavoratore dicendogli che per lui era necessario il collare".

E mentre la vicenda si appresta ad entrare in Parlamento, Marilena sul suo profilo di Facebook fa sapere che "Oggi colloqui 2 media mia figlia giudizio unanime ragazzina educata con un carattere deciso non si fa trascinare ligia al dovere media a tutte le materie 7/2 questa si che e na soddisfazione.".

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