Agcm sanziona Whatsapp per 50mila euro per non aver informato gli utenti come avrebbe dovuto

L'Antitrust italiana ha multato WhatsApp Inc. per non aver dato esecuzione all'ordine di pubblicazione dell'estratto del provvedimento emesso a maggio 2017 con il quale è stata accertata la vessatorietà di alcune clausole dei Termini di Utilizzo dell'applicazione WhatsApp Messenger.

Scritto da

Simone Ziggiotto

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L’Agcm, l’Autorità italiana Garante della Concorrenza e del Mercato, ha deciso in una riunione che si è tenuta il 10 gennaio 2018 di appplicare una sanzione amministrativa pecuniaria di 50.000 (cinquantamila) euro a Whatsapp Inc., la società dietro la popolare applicazione di messaggistica istantanea di proprietà di Facebook, per inottemperanza a obblighi informativi agli utenti. In particolare, l’Antitrust italiana ha multato WhatsApp Inc. per non aver dato esecuzione all’ordine di pubblicazione dell’estratto del provvedimento, emesso nei suoi confronti a maggio 2017, con il quale è stata accertata la vessatorietà di alcune clausole dei Termini di Utilizzo dell’applicazione WhatsApp Messenger.

Con provvedimento dell’11 maggio 2017, pervenuto a WhatsApp in data 12 maggio 2017, l’Autorità italiana Garante della Concorrenza e del Mercato ha accertato la vessatorietà di alcune clausole del modello contrattuale – in uso alla data di avvio del procedimento e tuttora vigente – sottoposto all’accettazione dei consumatori che vogliano usufruire dell’applicazione WhatsApp Messenger. 

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A seguito dell’accertamento della vessatorietà delle disposizioni QUI indicate, l’Autorità ha disposto la pubblicazione per venti giorni di un estratto del provvedimento adottato nei confronti di WhatsApp Inc. [n. 26596] sulla homepage del sito web della società e che la pagina web fosse raggiungibile da un link posto in una notifica in app da inviare a tutti gli utenti italiani registrati nell’applicazione WhatsApp Messenger alla data di adozione del provvedimento, da inoltrare con le stesse modalità tecniche con cui WhatsApp aveva comunicato l’ultima modifica dei Termini di utilizzo. Nel provvedimento è stato assegnato all’impresa un termine pari a venti giorni per dare seguito alla pubblicazione dell’estratto, richiedendo espressamente di comunicare all’Autorità le modalità e i tempi di esecuzione di detta pubblicazione.

Con comunicazione pervenuta il 14 luglio 2017, successivamente alla scadenza del termine (1 giugno 2017) dei venti giorni decorrenti dalla data di comunicazione del provvedimento e a seguito delle richieste di informazioni del 15 giugno e 4 luglio 2017, WhatsApp ha rappresentato di non avere provveduto alla pubblicazione, né comunicato le relative misure attuative “in quanto intende effettuare un ricorso per l’annullamento di quel provvedimento unitamente ad un’istanza per la sospensiva dello stesso”.

Whatsapp Inc., quindi, non ha dato seguito all’ordine di pubblicazione disposto dall’Autorità della comunicazione. E’ stato deliberato quindi nei confronti di WhatsApp, con provvedimento del 9 agosto 2017, pervenuto alla società in data 15 settembre 2017, l’avvio del procedimento diretto ad accertare l’inottemperanza alla delibera n. 26596 dell’11 maggio 2017. In data 25 ottobre 2017 WhatsApp ha presentato la propria memoria difensiva mentre in data 6 dicembre 2017 è stato comunicato a WhatsApp il termine di conclusione della fase istruttoria.

La difesa di Whatsapp

Secondo WhatsApp, tenuto conto dell’avvenuta pubblicazione del provvedimento sul sito istituzionale e nel bollettino settimanale dell’Autorità, nonché delle notizie stampa circolate sull’argomento, “qualsivoglia richiesta di pubblicazione del Provvedimento da parte di WhatsApp sul suo sito o all’interno dell’applicazione appare nel caso di specie come praticamente ultronea. Trattasi di richiesta meramente con obbiettivi di carattere informativo e reputazionale, volta esclusivamente ad integrare il più fondamentale rimedio di base. […] Qualsiasi ulteriore richiesta nei confronti di WhatsApp di dare pubblicità al Provvedimento appare dunque, se non ridondante, quantomeno non strettamente necessaria per un’informativa dei consumatori”. La società dichiara, poi, di non essere destinataria di alcuna azione legale da parte di utenti italiani o di associazioni di consumatori “in ragione della presunta inottemperanza al Provvedimento”. Infine, a parere di WhatsApp, “qualsivoglia richiesta di pubblicazione dell’estratto del Provvedimento tramite l’applicazione risulta evidentemente sproporzionata”.

WhatsApp ritiene che  gli utenti di WhatsApp godrebbero già di garanzie sufficienti rispetto a qualsivoglia uso o affidamento WhatsApp decida di fare delle clausole considerate vessatorie e che nessun utente italiano si sarebbe messo in contatto con WhatsApp per lamentare danni di alcun genere cagionati dall’applicazione delle clausole accertate vessatorie.

Alla luce delle risultanze istruttorie, l’Agcm ritiene che WhatsApp Inc. abbia inottemperato alla delibera n. 26596 dell’11 maggio 2017, in quanto la società non ha dato seguito all’ordine di pubblicazione dell’estratto del provvedimento, emesso nei suoi confronti, che accerta la vessatorietà di alcune clausole dei Termini di Utilizzo dell’applicazione WhatsApp Messenger. In particolare, l’Agcm ritiene che WhatsApp abbia consapevolmente omesso la pubblicazione del su citato estratto, non informando gli utenti riguardo alla menzionata delibera dell’Autorità. L’Autorità ha dunque stabilito una sanzione per WhatsApp Inc. del valore di 50.000 euro, pari al massimo edittale attualmente stabilito dalla normativa per l’inottemperanza ai provvedimenti di accertamento della vessatorietà. L’Autorità ha tenuto conto non solo della rilevanza del professionista e del suo consapevole rifiuto a pubblicare l’estratto della decisione dell’Autorità, ma anche della circostanza che la pubblicazione è l’unico strumento che assiste l’accertamento della vessatorietà nella disciplina vigente, la quale, allo stato, non prevede l’imposizione di sanzioni amministrative pecuniarie al termine del procedimento amministrativo di accertamento della vessatorietà delle clausole contrattuali. 

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