Google torna in tribunale per il video sul bullismo del 2006

 

Google torna in aula per l'appello alla sentenza di condanna di primo grado riguardo la causa legale aperta nel 2006 per un video caricato su Google Video (ora inglobato in Youtube)

Scritto da Simone Ziggiotto il 12/12/12 | Pubblicata in Google | Archivio 2012

 

Google torna in aula per l'appello alla sentenza di condanna di primo grado riguardo la causa legale aperta nel 2006 per un video caricato su Google Video (ora inglobato in Youtube). Entro il prossimo 21 dicembre conosceremo la sentenza.

Probabilmente ricorderete il caso che nel 2006 ha suscitato scalpore sul web e fatto parlare di sè anche in televisione. Il video in questione riguarda quanto accaduto in una scuola di Torino, dove sei anni fa alcuni studenti hanno infastidito e preso in giro un loro compagno di classe affetto dalla sindrome di Down, riprendendo tutto con un telefonino e caricando poi il filmato in rete. Questo video è stato visto da oltre 5500 persone e, dopo averlo rimosso, è stato al centro di una causa legale contro Google.

A far discutere non è stato il comportamento degli studenti, per quanto spiacevole sia stato, ma piuttosto l'uso di servizi che permettono di caricare materiale realizzato da utenti sul web UGC (user-generated content), liberamente e senza alcun controllo da parte del fornitore del servizio (in questo caso Google).

Secondo il giudice italiano, Google era il principale responsabile per i contenuti che ogni giorno vengono caricati su Google Video (ora Youtube), ed è Google che deve occuparsi di applicare filtri o altre misure volte all'impedimento della diffusione di immagini come quelle emerse dal video del 2006 che ha dato il via alla causa legale.

Google

Già nel 2010, quindi un paio di anni fa, ci fu la sentenza di primo grado che ha dichiarato rsponsabili David Drummond (ex presidente del Consiglio di Amministrazione e legale di Google Italy), George Reyes (ex membro del CDA) e Peter Fleischer (responsabile sulla privacy di Google Europe).

Mentre la difesa punta sul fatto che Google non ha aveva nulla da guadagnare dalla visione dei video caricati su Google Video - "Come è emerso chiaramente dalle indagini della polizia giudiziaria non vi era alcun messaggio pubblicitario connesso a Google Video e pertanto Google non ha tratto alcun profitto da questo o altri video" - l'accusa sostiene che - "Oltre ad essere stata violata la privacy di un minore, sono state date lezioni di crudeltà a 5.500 navigatori. I dirigenti di Google hanno omesso il controllo per generare profitto"-. La questione ruota attorno sempre allo stesso punto: il denaro.

Ma come si può di fronte a casi gravi come quello visto nel filmato del 2006 a parlare ancora di denaro? Ed è qui che Google cerca di difendere la propria posizione puntando sul sociale: "ci sentiamo vicini al ragazzo, vittima di un atto di bullismo in quel video riprovevole. I bulli, responsabili per la violazione della sua privacy, sono già stati puniti.".

La sentenza d'appello che confermerà o meno il primo giudizio la conosceremo il prossimo 21 Dicembre.

 

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